Piove, piove e ancora piove… in queste settimane qui in foresta piove tutti i giorni.
Pioggia tutti i giorni vuol dire strade difficili da percorrere, perciò bisogna scendere dalla macchina, scavare, togliere acqua, spingere, tirare, sperare di riuscire a togliersi dal buco in cui si è rimasti intrappolati senza perdere troppe ore.
Quando si è in buona compagnia anche questi imprevisti però diventano un’avventura, da viversi con il sorriso, con gioia…
Pioggia tutti i giorni vuol dire difficile trovare il cibo da mangiare. Il cibo nei campi c’è, ma per averlo in casa bisogna andare al campo con la pioggia, magari riparati da un nailon o da una foglia di banana.
Ieri mattina, con Prosperina e Silvia, la ragazza che sta qui un mese, siamo andate al campo a togliere le erbacce alla manioca appena piantata. Abbiamo lavorato due orette e mezza, torniamo a casa e subito ecco la pioggia arrivare, ma per Prosperina non era più un problema la pioggia… quel giorno aveva fatto il lavoro che aveva programmato di fare e questo per lei era la cosa importante. Non finiva più di ringraziarci: se fosse stata lei da sola nel campo avrebbe dovuto lasciare il lavoro a metà, oppure sarebbe stata costretta a finirlo sotto la pioggia.
È una piccolezza, però fa piacere sapere che il tuo aiuto ha evitato che una mamma con il suo bimbetto di pochi mesi prendessero la pioggia, che la mamma dovesse tornare un altro giorno per finire il lavoro.
Pioggia tutti i giorni vuol dire non riuscire a far seccare la manioca per poi frantumarla e fare la farina per il bugali, perciò una volta finita la scorta di manioca che si ha in casa, o si va a comprare della farina al mulino, oppure si va a togliere delle patate dolci nei campi; qualcosa queste mamme devo pur trovare per sfamare la famiglia…
Ieri pomeriggio, dopo pranzo, sono andata al dispensario e sono rimasta lì un bel po’ a chiacchierare con Anna, Esperance e Mumbere: mi hanno fatto molte domande su com’è la vita in Italia, se anche da noi ci sono i soldati, su come viene gestito il matrimonio, se l’uomo deve pagare per sposare la donna e poi un bel po’ di domande su di me, sulla mia famiglia, sulla mia vita.
Passa il tempo e arriva l’ennesimo temporale, finisce l’orario di lavoro di Anna e Esperance, arriva Clarisse per il turno di notte, Anna si prende il bimbetto di Clarisse, Ansue, e vado con lei a casa sua.
Nel frattempo la pioggia ci lascia un po’ di tranquillità, Anna si rende conto che la farina è sufficiente solo più per il bugali di questa sera e mi dice: “Elisa, prendi Ansue e andiamo a togliere delle patate dolci, perché se no domani non so che cosa dare da mangiare ai bambini”. Partiamo e andiamo al campo; per strada incontriamo una delle figlie di Anna, Silvie, e le diamo il bimbo da portare alla sua mamma. Arrivate al campo Anna inizia a zappare, io la guardo perché abbiamo portato solo una zappa… il mio lavoro era badare ad Ansue. Non mi piace stare lì con le mani in mano, glielo dico e lei mi risponde: “mi hai accompagnata al campo, siamo qui insieme”… questo le basta. Di nuovo la pioggia cade e torniamo di fretta a casa, dicendoci che oggi saremmo ritornate insieme a togliere altre patate dolci, ma anche oggi piove…
Tornando da Kampala, quando sono andata a prendere Conce e Silvia, ci siamo fermati a Beni per prendere la bimba che avevamo accompagnato tempo fa per fare un intervento chirurgico all’orecchio. Fortunatamente l’intervento è andato bene, la bimba sta bene, è felicissima, ma ancora non può tornare a Muhanga, perché deve finire le cure post – operatorie.
Rimane a Kimbulu con la mamma e il fratellino, ma le faccio una foto da portare a vedere al papà e agli altri fratelli, che quando la vedono non si vergognano di sfoggiare un bel sorrisone!
Anche a Beni quel giorno pioveva. Parcheggiati davanti all’ospedale io, Silvia e Gilba rimaniamo imbambolati e divertiti a guardare due ragazzini che giocano a calcio sotto l’acquazzone, nelle pozzanghere, tutti inzuppati di acqua e fango…
Non ci sono play station, computer o altri giochi tecnologici qui, ma fortunatamente non ci sono nemmeno genitori, nonni, fratelli o sorelle maggiori che ti sgridano se stai a giocare sotto l’acquazzone con un tuo amichetto o se torni a casa sporco.
La pioggia qui blocca un po’ tutti i programmi di lavoro nei campi, ma di certo non blocca la gioia dei bambini!
Leggerti ogni volta è un'emozione. Se penso che una banale avversità può diventare motivo di tristezza, di rabbia, di scontento, l'amore, la pazienza, la saggezza con cui stai vivendo questa esperienza mi fanno sentire piccola e un pò meschina. Vorrei essere di nuovo lì con te perchè ho ancora così tanto da imparare da te e dalla gente di Muhanga.
RispondiElimina...la pioggia...per noi è ascoltarne il rumore al calduccio nella nostre case, oppure dispiacersi perchè ci impedisce una corsa una camminata...a Muhanga invece vuol dire non poter raccogliere il cibo per sfamare i propri figli...noi imprechiamo contro il brutto tempo...a Muhanga aspettano di poter raccogliere le patate l'indomani....
RispondiEliminagrazie Eli le tue parole sono preziose...
occasione di riflessioni...
Che strano quanto possa essere diverso affrontare la pioggia. Per noi significa solo prendere l'ombrello prima di uscire... Lì invece porta tutta una serie di problemi da affrontare. La fame è un concetto così lontano da noi. Leggere le tue riflessioni mi aiuta a capire quanto alle volte ci affanniamo per cose inutili e futili.
RispondiEliminaUn bacione!!!
Diri
Oggi anche qui piove....ma noi non ci dobbiamo preoccupare di quel che mangeremo domani, basterà aprire le nostre dispense, andare al supermercato e tutto è risolto! Non è giusto!!!! La tua esperienza ci aiuta ad aprire gli occhi anche su questa ingiustizia.
RispondiEliminaGrazie