venerdì 19 marzo 2010

Gita al lago

Mercoledì, il 10, sono arrivati i cinque ospiti dalla Sicilia e giovedì siamo andati tutti quanti a Mubana, un villaggio vicino al Lago Edoardo. Muhindo, uno che abita lì e che viene sempre alla riunione di TUUNGANE ci ha invitati e noi siamo andati. Giornata faticosa: quattro ore e mezza di viaggio ad andare e quattro ore e mezza per tornare, però l’accoglienza è stata stupenda e molto calorosa e il panorama era davvero mozzafiato.



Mentre arrivavamo con la macchina, ad un paio di chilometri dal villaggio, un bel gruppone di bambini della scuola ci è venuto in contro per poi seguirci di corsa fino al villaggio tra urla e saluti…



Arrivati al villaggio andiamo in parrocchia dove c’è praticamente tutta la gente del villaggio venuti per salutarci, poi andiamo a vedere la scuola, costruita grazie al contributo di alcuni italiani che sono stati lì, facciamo un tour per il villaggio e poi torniamo in parrocchia dove ci offrono il pranzo: pesce, carne, patate, purea, banane, ananas, arachidi e birra, coca, fanta…un pranzetto con i fiocchi! Prima di partire ci danno anche una gallina, del pesce fresco e sotto sale, banane e arachidi.
Siamo i primi wazungu, bianchi, che vanno a far visita al villaggio…la gioia della gente non si può descrivere.
Alla sera rientriamo a Kimbulu e il mattino dopo ripartiamo per Muhanga. Sulla strada da Mbingi a Muhanga incontriamo un camion dell’ONU che torna da Muhanga, scattiamo qualche foto e proseguiamo, fino ad arrivare a Muhanga, dove, come sempre, sono tutti lì ad aspettarci.
La gioia di ritrovare e di riabbracciare tutti è molta, tornare a casa e rincontrare gli amici è sempre bello, sentire Jaqui che mi dice che ha avuto nostalgia di me mi fa commuovere…sono felice!

La quotidianità di sempre riprende: verniciare le finestre, continuare il progetto con i dentisti, lavorare con la gente, andare a trovare le famiglie nelle loro capanne, giocare con i bambini, andare a zappare con loro... Tutto è uguale ma diverso, ogni giorno emozioni nuove, ogni giorno imparo qualcosa di nuovo, ogni giorno mi rendo sempre più conto di quanto è bello condividere con gli altri i momenti della giornata, ogni giorno divento sempre più consapevole di quanto sto bene qua…

sabato 13 marzo 2010

Eccomi di ritorno a Muhanga. Sono successe molte cose in queste settimane…provo a raccontarle tutte, ma un po’ per volta perché a scriverle mi serve molto tempo, ma ho più voglia di stare fuori con la gente che non stare chiusa in camera mia davanti al pc, perciò ve le racconterò a piccole dosi.



Ricordate la storia di Pierino e della sua famiglia…una mattina io, Concetta e Abdo siamo andati a fargli visita a casa, un po’ per vedere com’era la casa che gli hanno dato e un po’ perché Conce voleva parlarle. Arrivati là notiamo che la casa in effetti non è molto bella: è piccola e con molti buchi. Il posto però è stupendo. Stiamo un po’ lì con loro, mentre la mamma fa un po’ di bucato e i figli mangiucchiano un po’ di frutta. Scatto qualche foto. Conce dice alla mamma di venire al pomeriggio a parlare con Giovanni per cercare di capire come fare per aiutarla.
Due famiglie di suo parenti, più o meno lontani, si sono offerti di ospitare per un po’ i suoi figli a casa loro. Giovanni e Concetta parlano con la mamma e con queste due famiglie e alla fine i 3 bimbi più grandi (11, 10 e 8 anni) vengono ospitati da questi parenti. Clarisse e Pierino sembrano abbastanza contenti, Sagesse si chiude in se stessa, si raggomitola per terra e piange…sa che nella famiglia in cui andrà mangerà più che a casa sua, ma sa anche che verrà trattata come una figlia di seconda categoria. Solo dandole qualcosina da mangiare le torna il sorriso…è in quel momento che mi rendo conto di quanto è importante il cibo e di quanto io sia fortunata ad averlo ogni volta che ho fame.
È domenica, mi sono rimaste ancora 2 magliette che mi ero portata dall’Italia per i bimbi. Ne do una a Clarisse e una a Pierino. Sono grandi per loro ma questo, qui, non è un problema.
Non sono in grado di descrivervi la gioia che hanno provato e che mi hanno dimostrato quando gliel’ho infilata…lascio parlare una foto che ho scattato a Pierino con la sua nuova maglietta della Juve.



Nei giorni prima di partire per Kimbulu ho fatto un paio di lavoretti a Muhanga: ho aiutato a rifare i gradini dell’ingresso del salone polivalente, ho continuato a dare la vernice alle finestre e ho zappato il campo vicino al dispensario insieme alle waganga (infermiere), lavoro che mi è “costato” 2 calli alla mano destra.
Il dare la vernice alle finestre non è un lavoro particolarmente divertente perché passo tutto il tempo da sola, al massimo in compagnia di qualche bimbetto che mi osserva mentre lavoro.




Il fare i gradini e, soprattutto lo zappare con le waganga, invece, sono stati momenti molto piacevoli.



Mentre zappavo mi ha colpita come le infermiere si preoccupassero per me. Quando gli ho detto che volevo zappare con loro mi hanno risposto che era un lavoro pesante e che mi sarei sporcata con la terra. Io gli ho risposta che ero giovane e che quindi potevo lavorare senza problemi e che a casa mia c’è l’acqua e che perciò mi sarei poi potuta lavare se mi sporcavo. Quando volevo mettermi scalza perché così ero più comoda me l’hanno proibito dicendomi che la mia pelle era troppo delicata, perciò mi sono dovuta accontentare di togliermi le calze ma di tenere le ciabatte. Quando, zappando, c’erano erbacce particolarmente faticose da togliere mi bloccavano e zappavano loro. Quando hanno visto che a forza di zappare mi erano venuti i calli alla mano mi hanno detto di smettere, ma io gli ho detto che non erano un problema i calli, che era solo questione di abitudine e ho continuato a zappare più forte di prima.
Un po’ mi facevano sentire una mezza cartuccia facendo così, ma hanno più che ragione, perciò le lasciavo fare. Dopo un paio di ore che zappavamo arriva una ragazza a portarci un po’ di manioca bollita da mangiare; subito rifiuto dicendo che tanto io avrei poi mangiato pranzo a casa, poi mi rendo conto che sarei maleducata a rifiutare, perciò condivido con loro quella poca manioca. Lavoriamo ancora un po’ insieme e poi torno a casa, , felice di essermi stancata, felice di essermi fatta venire i calli, felice di essermi sporcata di terra, felice di aver condiviso con loro quella fatica.


Mercoledì 3 marzo io e Giovanni, con Abdo, Kambale Musafiri e altri partiamo per Kimbulu…c’è la riunione di TUUNGANE e il 10 arriveranno 5 ospiti dall’Italia, perciò rientreremo poi tutti insieme a Muhanga.



Mentre siamo lì a Kimbulu, Giovanni si divide tra una riunione e una chiacchierata, io ne approfitto per “controllare” il lavoro dei dentisti: l’inventario del deposito di tutto il materiale, la compilazione del registro, la contabilità… poi un mattino arrivano quelli della ONG della moglie di Kabila che hanno lasciato tempo fa lì a Kimbulu molto materiale da lavoro da distribuire alla gente e allora partecipo anche io alla distribuzione dei sacchi…metà la teniamo noi per Muhanga e metà la caricano sul loro camion per portarla a Bukavu.
Quello che più mi fa arrabbiare è vedere come i due capi trattano i ragazzotti che devono caricare i sacchi sul camion: gli parlano come se fossero bestie, danno gli ordini e se un ragazzotto non esegue immediatamente lo riprendono subito. I sacchi sono pesanti, fa molto caldo e mentre i ragazzotti faticano sotto il sole i 2 capi se ne stanno seduti all’ombra, danno gli ordini e controllano che i sacchi vengano divisi egualmente, per Muhanga e per Bukavu…che rabbia!!!



Il sabato vado con Abdo e Musafiri a Butembo per fare un po’ di compere: giriamo tutto il giorno, compriamo quello che c’è da comprare, incontriamo gente che conosciamo e allora ci si ferma a chiacchierare, poi arriva la pioggia e perciò interrompiamo le nostre compere e rientriamo a Kimbulu. Quel giorno stavo girando per le strade di Butembo con Abdo, avevamo appena comprato i sacchi di mais in un negozio, quando una ragazza da cui la scorsa volta avevamo comprato 5 sacchi di mais mi vede, viene a salutarmi e poi mi chiede se voglio del mais…troppo tardi questa volta, sarà per la prossima!
È sempre una giornata impegnativa andare a Butembo a fare le compere, però la cosa che mi piace è che adesso anche a Butembo iniziano a conoscermi; è bello perché mi fanno sentire a casa.