venerdì 19 novembre 2010

Muhanga - Kampala: due mondi a "pochi" chilometri di distanza

Un mese: questo è il tempo che mi resta da trascorrere qui a Muhanga, almeno per questa volta…

Lunedì io e Conce siamo rientrate da Kampala, dopo aver accompagnato Silvia all’aeroporto; ultima ospite prima della mia partenza.

Andando a Kampala in pochi giorni vediamo una differenza di condizioni di vita, di strade, di persone, di ritmi di vita, di sicurezza, di benessere che fa sempre riflettere.

Si parte da Muhanga, un piccolo villaggio in mezzo alla foresta, dove la gente vive nelle capanne di fango, sfamandosi con quello che coltiva; dove la carne si mangia una volta ogni tanto quando si ammazza un porcellino d’India che si ha in casa, oppure una gallina o un topolino trovato nei campi o, quando si riescono a mettere da parte un po’ di soldini, la carne della macelleria.



Si arriva a Kampala, grande città piena di palazzoni e villette in mattoni, con grandi supermercati stile occidentale e dove la carne si vende dappertutto e si cucina per strada, sempre pronta per esser venduta alla gente che passa.



Muhanga, dove le uniche macchine che viaggiano sono le macchine della missione o le rare, rarissime, macchine degli organismi che vengono qui o quelle dell’ONU.



Kampala, dove il traffico è un qualcosa di inimmaginabile, dove c’è una quantità di macchine, mini bus, moto, camion e biciclette che è peggio di una grande città italiana. Colonne su colonne di macchine ferme ad un incrocio, con la gente a piedi, in bici o in moto che fa lo slalom per poter passare.



Molto meglio la tranquillità di Muhanga al caos di Kampala!!!

Muhanga, dove la manutenzione della strada, ovviamente non asfaltata, viene fatta dalla popolazione a colpi di zappa, pala e macete, ma che purtroppo spesso e volentieri si rovina con le forti piogge. Allora, il giorno del nostro arrivo, 4 giovani partono al mattino, a piedi, e vanno a 20 chilometri da Muhanga, dove la strada è particolarmente brutta. Lavorano tutta la mattina per cercare di rendere più agevole possibile il nostro passaggio, ma nemmeno questo ci evita di rimanere piantati nel fango. E allora scavi, spingi, togli fango, metti le 4x4… e continui il viaggio…



Kampala, dove tutte le strade, o quasi, sono asfaltate e perciò anche con la pioggia si viaggia senza problemi; dove per asfaltare la strada ci sono camion, draghe e macchinari vari che lavorano.

I cinesi è da tempo che lavorano in Congo per asfaltare le strade e hanno già asfaltato un po’ di chilometri, ma pensare di avere l’asfalto sulla strada di Muhanga è un’utopia…

Muhanga, dove l’essere abbigliati di tutto punto non è prioritario… se non la domenica. Dove i bambini che calzano delle scarpe, o meglio delle ciabattine, sono pochi… se non la domenica. Dove le donne non indossano gioielli di nessun tipo… se non le più “benestanti”, ma solo la domenica o per un matrimonio. Dove non si vedono uomini in giacca e cravatta… se non quando si sposano.



Kampala, dove tutti, tranne i bambini di strada, sono vestiti di tutto punto, tutti i giorni… anche la domenica. Dove i bambini, tranne i bambini di strada, calzano sempre delle scarpe o almeno delle ciabattine, tutti i giorni… anche la domenica. Dove le donne mettono ben in mostra gioielli e orologi di valore, tutti i giorni…anche la domenica, anche ai matrimoni. Dove molti uomini, forse per ragioni di lavoro, sono in giacca e cravatta, tutti i giorni… anche la domenica, anche quando si sposano.

Muhanga, dove costantemente ci sono i fucili: che siano quelli dei FARDC (esercito regolare congolese), dei mai-mai (ribelli congolesi), degli FDLR (esercito regolare ruandese) o dei CNDP (esercito misto congolese - ruandese) poco importa, sempre fucili sono e ad imbracciare quel fucile è sempre un soldato, che per quanto sia bravo ruberà sempre il cibo alla gente e sottometterà sempre questa gente, farà sempre violenza su di loro, che sia fisica o psicologica, deruberà sempre la gente che passa sulla strada e sparerà senza troppi scrupoli quando pensa che sia necessario. Fucili che costringono la gente a non stare in giro quando fa buio; fucili che mettono paura alle mamme se devono andare nei campi lontano; fucili che dovrebbero portare la sicurezza a Muhanga, ma che invece creano solo ulteriore insicurezza. Fucili imbracciati per sentirsi potenti.



Kampala, dove gli unici fucili che si vedono sono quelli dei poliziotti che garantiscono la sicurezza sulla strada o degli agenti di sicurezza che custodiscono supermercati o negozi vari. Fucili che permettono di stare in giro per la città tutta la notte.

Forse leggendo quello che ho scritto uno può pensare che sia meglio vivere a Kampala piuttosto che a Muhanga, ma non è così, almeno non per me. A Muhanga ci sarà anche l’insicurezza, soldati che girano per il villaggio, fango in cui ci si pianta quando si viaggia, bambini mal vestiti e non propriamente puliti, sarà anche un villaggio isolato in mezzo alla foresta, ma forse sono proprio tutte queste cose insieme che rendono Muhanga un posto stupendo, affascinante, un piccolo “paradiso” in cui vivere.



Certo senza fucili si starebbe molto meglio, ma vivere in mezzo a gente così sorridente, poter andare nei campi con loro e lavorare, faticare ridendo e scherzando, poter condividere la quotidianità, poter entrare nelle loro case e sentirsi a casa e non ospite, sentirsi figlia di queste madri e padri, poter rendere felici questi bambini semplicemente stando con loro, giocando con niente insieme, sentirsi parte di tutto ciò è… non so come definirlo, diciamo…EMOZIONANTE… è un qualcosa che mai potrò dimenticare e che so già che mi mancherà tantissimo tra un mese.

4 commenti:

  1. Ho letto e mi piace come hai aticolato le tue riflessioni che no hanno bisogno di commenti.
    Solo un pensiero:
    anche qui, nonostante le tante cose che fanno a pugni col l'Africa, se si vuole, si può lavorare per vivere al meglio quei valori che ci fanno sentire Amici, fratelli, sorelle, figli, mamme e papà..."PROSSIMO", non credere che qui sia più facile solo perchè abbiamo "quasi" tutto. Non dimentichiamoci che la cosa da dove parte tutto è il rispetto che per l'UOMO può trasformarsi in AMORE ...per la natura, per la vita, per l'UOMO.

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  2. Grazie per tutte le volte che in questo anno ci hai fatti riflettere... certo la vita di Muhanga ti mancherà, come ti mancheranno le persone che lì hai incontrato e con cui hai "condiviso" fatica, gioia, speranze e preoccupazioni.... sappi però che in Italia in tanti abbiamo "patito" la tua mancanza, anche qui ci sono tante persone che vogliono "condividere" con te un pezzo di strada. Ti aspettiamo.... a presto!!!

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  3. .....Carissima Elisa...è già passato un anno o quasi...incredibilie...nel leggere le tue riflessioni a volte mi commuovo...a volte ho la sensazione di essere lì e di vedere quello che tu scrivi....sei stata fortunata nel poter fare una così bella e importante esperienza nella tua vita...io alla tua età anche se ero immersa in tante attività "solidali" non avrei trovato mai la forza e l'appoggio per poter vivere la tua esperienza ...e penso che la tua sia l'età più giusta...quella in cui assorbi le esperienze e poi puoi usarle per impostare la tua vita...insomma pensandoti e leggendoti a volte ho la sensazione di aver perso qualcosa nel mio percorso di vita...anche se MAI dire MAI.....ti mando un fortissimo abbraccio e tramite te un abbraccio a tutta Muhanga.
    Morena

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  4. sorellona...
    che emozione leggere queste righe..belle!!
    penso al paragone..penso alla scelta di vita...penso a chi la scelta non puo' farla e a chi alla scelta non ha mai pensato..sono condizioni diverse..strane...nn possiamo giudicare cio' che é meglio e cio' che é peggio...quel che é sicura é la ricchezza umana di quel piccolo paradiso..la gioia vissuta e vista negli sguardi impauriti..la voglia di sorridere anche quando per noi non ci sarebbe nulla per farlo...
    sono gli insegnamenti delle persone che fanno di muhanga il paradiso che é....
    non oso nemmeno immaginare la mancanza che proverai nell'essere lontano da quel paradiso..
    un abbraccio (non vedo l'ora di farlo!!!!)

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