Sono passate quasi 2 settimane da quando sono arrivate Antonella e Maura ma è già quasi tempo x loro di rientrare in Italia…martedì partiremo io, Concetta e Giovanni insieme a loro per accompagnarle a Kampala e poi ci fermeremo a Kimbulu per Tuungane, la riunione dei comitati di sviluppo.
Qui la vita continua, con i problemi di tutti i giorni e con le gioie di tutti i giorni. Nel villaggio c’è un’atmosfera tranquilla, la presenza dei soldati viene vissuta in modo abbastanza positivo sia dalla gente, sia da noi…si convive,
dovendo accettare alcune volte atteggiamenti loro difficili da capire e da accettare: dover per forza caricare sulla nostra macchina, mentre andavamo a Kimbulu, 3 soldati che dovevano andare a Butembo. In quel momento mi sono resa conto di quanto sono/siamo impotente davanti a loro…eravamo tranquilli sulla nostra macchina e i soldati ci fermano, ci chiedono un passaggio, gli si dice di no, alzano la voce…sono armati…salgono in macchina anche senza la nostra approvazione. Che fare, che dire? Niente, accetti le cose e vai avanti.
Nei giorni successivi penso e ripenso a quel che è successo e rifletto sul fatto che la gente qui deve quotidianamente subire queste violenze psicologiche ed è anni che le subiscono e mi rendo sempre più conto di quanto sono fortunata, di quanto sia semplice la mia vita.
Nei giorni scorsi hanno dato fuoco al ponte che c’è sulla strada per Mbingi…perché, chi è stato, che cosa vogliono far capire e a chi con questo gesto? Domande che ci facciamo, ma a cui non sappiamo dare una risposta certa.
Certo, questi aspetti negativi ci sono, ma ci sono tante cose belle che fortunatamente prendono il soppravvento e mi rendono felice di esser qui e mi aiutano a riflettere su molte cose a cui prima non pensavo nemmeno e che mi aiutano a crescere…l’andare al campo con la gente, zappare con loro, faticare insieme, andare con i bambini a prendere l’acqua…
Qui se si vuole mangiare bisogna andare al campo, andare a far legna per potere accendere il fuoco, andare a prendere l’acqua alla sorgente per cucinare, lavare quelle poche stoviglie che si hanno, lavarsi, lavare i vestiti. Non basta andare al supermercato a far la spesa, non basta girare la manopola per accendere il gas in cucina, non basta girare il rubinetto in casa per avere l’acqua, non sempre c’è il sapone per lavare le stoviglie e allora si usa la terra, non c’è la doccia in casa e allora qualche volta ci si lava come si riesce in una pozzanghera…qui per vivere bisogna faticare e ogni tanto mi piace faticare insieme a loro, nel mio piccolo.
Un giorno arrivo in una capanna e c’era Noela, una delle figlie, che stava preparando il bugali da portare all’altra sorella, Jaqui, che era al campo a lavorare con un gruppetto di ragazzi. Mi chiede se la accompagno. Accetto molto volentieri. Partiamo io, che porto il bidone dell’acqua, Noela, che porta il bugali con la salsa e un’altra sorellina, Florance, che porta la sorella più piccola sul dorso. Strada facendo chiedo a Noela se il campo è lontano e mi sento rispondere “hapana, ni karibu!”, no, è vicino. Camminiamo circa mezz’ora per arrivarci e capisco come tutto è soggettivo! Stavamo per arrivare al campo, facciamo un urlo a Jaqui per salutarla e farci sentire ed eccola che dopo un attimo me la vedo che mi corre incontro, con il fiatone…mi abbraccia e mi ringrazia di esser arrivata fino al suo campo. È tutto il pomeriggio che lavora, che zappa, dopo una mattinata passata a scuola e la gioia che mi dimostra nel vedermi lì mi colpisce…sono felice di aver camminato mezz’ora per arrivare al suo campo! Mi mostra con orgoglio il suo campo mentre gli altri mangiano e poi si ritorna tutti insieme a casa, stanchi ma felici!
Da qualche giorno un paio di mamme vengono a preparare la bouille, una papetta ipercalorica, per i bimbi piccoli che non vanno a scuola.
Colpisce vedere questi bimbetti che arrivano con il loro bicchiere per prendere un po’ di bouille e ancora di più colpisce vedere come siano disposti, alcune volte con un po’ di tristezza, a dividere il loro bicchiere con chi è arrivato tardi ed è rimasto senza. Anche qui però non mancano i furbetti che provano a fare il bis…
Il primo giorno erano pochi e bastava un pentolone poi la voce si è sparsa e ora non ne bastano due…si mettono in fila e aspettano il loro turno…
I lavori alla chiesa di Bunyatenge continuano e la costruzione è quasi finita.
Si fa il SALONGO (lavoro comunitario) per portare le pietre alla scuola di Muhanga, per costuire la seconda classe nuova,
si preparano i mattoni che ancora sono necessri...sempre con il sorriso sulle labbra!
sabato 24 aprile 2010
mercoledì 7 aprile 2010
ospiti, festeggiamenti e spunti di riflessione
Sono passati molti giorni dall’ultimo mio racconto…un po’ per mancanza di voglia e di ispirazione per scrivere e un po’ per problemi con internet.
A marzo sono venuti per due settimane cinque ragazzi siculi, Alessandro, Giovanni, Francesca, Emiliano e Stephanie…sono venuti per fare un reportage fotografico su Muhanga.
Siamo andati insieme al campo dei militari, a trovare i vecchi sulla collina di fronte, a vedere la scuola, abbiamo festeggiato insieme il compleanno di Giovanni e ogni tanto li aiutavo per fare delle interviste, come traduttrice.
In quei giorni mi sono sentita anche io parte di Muhanga, perché notavo la differenza di atteggiamento che la gente aveva con me e con loro…loro erano ospiti, io…non so dare una definizione!
Andare a trovare i vecchi mi ha fatto un certo effetto...li ho visti, soprattutto le due donne, molto invecchiate rispetto al 2007: sono solo più pelle e ossa.
Il giorno del compleanno di Giovanni abbiamo mangiato insieme alle famiglie che partecipano alla shirika (la riunione che il Padiri fa una volta a settimana, partendo dalla lettura della Bibbia). Le mamme hanno preparato da mangiare, e io con loro, e poi si è festeggiato insieme.
È stato un bel momento di condivisione e per me di riflessione: vedere le mamme portarsi via il cibo, in particolare la carne, mi ha fatto pensare, mi sono fatta un po’ di domande… queste mamme stanno rubando, ma perché? Disperazione? Povertà? Fame? Ingordigia? Scorrettezza? Non so darmi una risposta, forse per tutti questi motivi insieme. L’africano non è diverso dal bianco, perciò anche lui ruba; semplicemente per motivi diversi e cose diverse. Il bianco ruba a questa gente oro, diamanti, coltan, legname e tante altre cose e loro rubano un pezzetto di carne da portare a casa al resto della famiglia…chi è più ladro???
In queste settimane abbiamo avuto ospiti anche quattro dell’ONU venuti per aiutare un soldato rwandese (che si è poi scoperto essere un mai – mai) ad uscire e consegnare le armi e anche il parroco di Mbingi con un suo parrocchiano.
Il lunedì prima di Pasqua io e Giovanni siamo andati a Bunyatenge. I lavori di costruzione della chiesa proseguono e quel giorno si dovevano mettere i charpant, i travi per il tetto…22 metri l’uno! Ci sono moltissimi uomini venuti per dare il loro contributo…un lavoro che in pochi sarebbe stato faticosissimo in tanti diventa “leggero”: è l’ennesima dimostrazione di come l’unione fa la forza!
Mentre Giovanni dirige i lavori io osservo e faccio foto. Penso a come verrebbe fatto in Italia questo lavoro: qualche muratore con il casco, sui ponteggi in ferro e una gru per sollevare i charpant. Qui invece pochi muratori, ma molti uomini forzuti, senza nessun casco, su dei ponteggi in legno tenuti insieme con delle corde e per sollevare i charpant semplicemente dei bastoni di legno, corde e forza di braccia. La SICUREZZA!!!
Anche qui, come in tutto il mondo, abbiamo festeggiato la Pasqua.
Nessun uovo, nessuna colomba, nessuna festa particolare, semplicemente un momento di riflessione attorno al fuoco sabato sera e domenica pomeriggio danze e qualche gioco organizzato per i bambini con qualche vestitino come premio di partecipazione.
A pasquetta nessun pic-nic, ma grande festa di tutto il villaggio per il matrimonio di due ragazzi di Muhanga.
Venerdì partirò per Kimbulu per andare a prendere Antonella e Maura…un po’ di svago, nuovi incontri, una nuova avventura!
A marzo sono venuti per due settimane cinque ragazzi siculi, Alessandro, Giovanni, Francesca, Emiliano e Stephanie…sono venuti per fare un reportage fotografico su Muhanga.
Siamo andati insieme al campo dei militari, a trovare i vecchi sulla collina di fronte, a vedere la scuola, abbiamo festeggiato insieme il compleanno di Giovanni e ogni tanto li aiutavo per fare delle interviste, come traduttrice.
In quei giorni mi sono sentita anche io parte di Muhanga, perché notavo la differenza di atteggiamento che la gente aveva con me e con loro…loro erano ospiti, io…non so dare una definizione!
Andare a trovare i vecchi mi ha fatto un certo effetto...li ho visti, soprattutto le due donne, molto invecchiate rispetto al 2007: sono solo più pelle e ossa.
Il giorno del compleanno di Giovanni abbiamo mangiato insieme alle famiglie che partecipano alla shirika (la riunione che il Padiri fa una volta a settimana, partendo dalla lettura della Bibbia). Le mamme hanno preparato da mangiare, e io con loro, e poi si è festeggiato insieme.
È stato un bel momento di condivisione e per me di riflessione: vedere le mamme portarsi via il cibo, in particolare la carne, mi ha fatto pensare, mi sono fatta un po’ di domande… queste mamme stanno rubando, ma perché? Disperazione? Povertà? Fame? Ingordigia? Scorrettezza? Non so darmi una risposta, forse per tutti questi motivi insieme. L’africano non è diverso dal bianco, perciò anche lui ruba; semplicemente per motivi diversi e cose diverse. Il bianco ruba a questa gente oro, diamanti, coltan, legname e tante altre cose e loro rubano un pezzetto di carne da portare a casa al resto della famiglia…chi è più ladro???
In queste settimane abbiamo avuto ospiti anche quattro dell’ONU venuti per aiutare un soldato rwandese (che si è poi scoperto essere un mai – mai) ad uscire e consegnare le armi e anche il parroco di Mbingi con un suo parrocchiano.
Il lunedì prima di Pasqua io e Giovanni siamo andati a Bunyatenge. I lavori di costruzione della chiesa proseguono e quel giorno si dovevano mettere i charpant, i travi per il tetto…22 metri l’uno! Ci sono moltissimi uomini venuti per dare il loro contributo…un lavoro che in pochi sarebbe stato faticosissimo in tanti diventa “leggero”: è l’ennesima dimostrazione di come l’unione fa la forza!
Mentre Giovanni dirige i lavori io osservo e faccio foto. Penso a come verrebbe fatto in Italia questo lavoro: qualche muratore con il casco, sui ponteggi in ferro e una gru per sollevare i charpant. Qui invece pochi muratori, ma molti uomini forzuti, senza nessun casco, su dei ponteggi in legno tenuti insieme con delle corde e per sollevare i charpant semplicemente dei bastoni di legno, corde e forza di braccia. La SICUREZZA!!!
Anche qui, come in tutto il mondo, abbiamo festeggiato la Pasqua.
Nessun uovo, nessuna colomba, nessuna festa particolare, semplicemente un momento di riflessione attorno al fuoco sabato sera e domenica pomeriggio danze e qualche gioco organizzato per i bambini con qualche vestitino come premio di partecipazione.
A pasquetta nessun pic-nic, ma grande festa di tutto il villaggio per il matrimonio di due ragazzi di Muhanga.
Venerdì partirò per Kimbulu per andare a prendere Antonella e Maura…un po’ di svago, nuovi incontri, una nuova avventura!
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